Tutte le donne di Zùccoli

Lo scatto della Lumaca (Divergenze editore) raccoglie cinque racconti di Luciano Zùccoli tratte da due raccolte: La compagnia della Leggera e Donne e Fanciulle. La quarta di copertina li delinea come “cinque ritratti di ipotesi di felicità”, poiché l’incompiutezza e l’apertura finale ne sono il segno più calzante. Allo stesso tempo sono dei veri e propri acquerelli, realizzati con la stessa minuzia dei quadri del Canaletto: ricchi di dettagli e armoniosi nella loro complessità. Gli uomini, spesso ridicolizzati, vengono osservati quasi fossero formiche sotto una lente di ingrandimento.

La raccolta Donne e fanciulle è definita antifemminista dall’autore poiché per parlare delle donne, in un mondo quasi interamente gestito dagli uomini, è necessario, ancora una volta, partire da loro. L’analisi del ruolo femminile nel primo Novecento è condotta attraverso l’uso di stereotipi che vengono fatti propri tramite un ragionamento per assurdo e poi rovesciati.

Nel racconto L’amore degli altri un uomo discute con superbia con gli spasimanti della moglie Laura, sicuro che sia bastato comprarla per possederla una volta per tutte. La protagonista è fedele più per orgoglio che per virtù, consapevole di essere solo una pedina in una partita in cui gli uomini sono troppo presi dai propri capricci per curarsi del suo destino: per ognuno di loro non è altro che un trofeo di cui vantarsi per poi essere sostituito con facilità. Una sera durante un ricevimento, un giovane più appassionato di altri le dichiara il suo amore. Al rifiuto della donna egli si allontana e solo quando si ode un colpo di pistola in lontananza la festa si interrompe. Il marito, sconvolto dalla vista del cadavere del giovane le chiede (e si chiede, per la prima volta) se lei lo ami.

La figura di Laura è da confrontarsi con quella di Nora, o Signorina Empiastro, protagonista dell’omonimo racconto. La fanciulla non è ancora esperta del mondo degli adulti e dei loro sotterfugi, eppure li subodora: dichiara con forza di voler un fidanzato brutto, sciocco e buono, cosicché non possa metterla in catene ed abbia modo di amarlo senza condizioni. Lo stesso aggettivo «empiastro» è riferito a coloro che desiderano voler bene, ma non ne sono capaci. Nora è l’emblema di una giovane che rifiuta le imposizioni di una società che richiede alle donne amorevolezza e sentimentalismo, difendendo la sua individualità e pretendendo di esercitarla senza costrizioni. Agli uomini manca spesso un’educazione sentimentale: essi giungono al matrimonio dopo aver conosciuto solo il sesso nei bordelli, mentre le donne vengono istruite nell’attesa dell’unico amore. Il rapporto fisico compiuto solo come esercizio di virilità è però ben lontano dall’amore e dal confronto con l’altro: la relazione è basata su una reciprocità che non possono capire, poiché abituati a risolvere tutto senza complicazioni. Al matrimonio non ci si può avvicendare come

ad una vettura in piazza da un cavallino qualunque, che è la donna, il quale correrà certamente per il solo fatto che vi è un cocchiere. Qualche volta il cavallino s’impenna (…) e allora l’uomo ricorre al codice o al colpo di rivoltella, perché ha ragione lui, e il cavallino doveva correre».

Per secoli la donna ha avuto sulle spalle il carico dell’unione familiare, pure se infelice, pena la scomunica sociale e l’emarginazione.  Ad essere evidenziata è la conclusione violenta: quel colpo di rivoltella non è altro che il termine di un rapporto di forza in cui il possesso ha la meglio sull’affetto. Non si accetta che l’altro sia un’alterità, a cui posso avvicinarmi ma mai possedere. Chi non è stato educato al rispetto sentirà innanzi ad un rifiuto, solo il proprio orgoglio ferito e opporrà la forza come unica risoluzione, appellandosi a leggi primordiali. Questa diseducazione volgarizza anche l’atto sessuale poiché ne sminuisce il valore: Zùccoli descrive coloro che si vantano di aver portato a letto una donna con un’intuizione che anticipa di oltre un secolo la deriva del revenge porn.

Nei racconti l’autore affida solo a due categorie protagoniste maggiore libertà di espressione: esse sono giovani o ballerine (assecondando lo stereotipo che vedeva le donne di teatro più dirette e disinibite). I loro ragionamenti arguti possono essere tollerati perché non fanno ancora parte della società o perché ne vivono ai margini. Di contro, una ragazza come la protagonista de Le parallele, non riesce ad uscire dal cliché che le è stato imposto: non importa che il ragazzo di cui si innamora sia un mediocre senza grandi aspirazioni, poiché rispecchia l’uomo con cui vorrebbe condividere la sua vita. Del resto, femministe come Silvia Federici evidenziano come l’immoralità delle prostitute, in contrasto all’angelo del focolare, sia una costruzione del tardo Ottocento, figlia della Seconda Rivoluzione Industriale e della necessità che le donne contribuissero a generare e allevare futuri operai forti, in grado di reggere i nuovi ritmi dell’industria pesante. È evidente che i guadagni facili delle prostitute erano in contrasto con questo disegno sociale che doveva far amare alle donne una condizione che altrimenti non avrebbero tollerato. Scrive Zùccoli

《nel collegio le hanno insegnato molte cose inutili o sciocche o contrarie al vero; educazione (…) che può riassumersi con (…) vedere e capire quanto meno e possibile. (…) La bella e candida oca è consegnata (…) nelle mani dell’uomo il quale dovrebbe plasmarla e avviarla alle prove dell’esistenza, poiché egli e forte e essa debole》

Dimostrando che la cultura del tempo è stata scritta da e per gli uomini, Zuccoli propone una soluzione estremamente moderna: non pone l’attenzione sulla parità fra uomo e donna, che sottintende sempre un gap da colmare, ma sulla diversità della donna in sé. Le novelle sono ipotesi di felicità proprio perché riflettono sulla possibilità che questa differenza si concretizzi e che attraverso essa si risolvano i conflitti fra i sessi. Sono, infine, un invito a un mondo diverso in cui i sentimenti autentici si sostituiscano finalmente alle mere convenzioni.

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